martedì 25 novembre 2008

7G04 Amara casa mia

Homer scopre che la sua famiglia è rispetto alle altre mediocre, sfiduciata, depressa e nervosa. Tenta così di ritrovare la serenità familiare con l’aiuto di uno psicologo, ma la cura non dà i risultati sperati.

È la puntata che inaugura il filone sovversivo della serie dei Simpson dove l’”Happy end” alla Charlie Chaplin è ambiguo e fa riflettere. Pochi cartoons avevano osato tanto prima d’ora, la puntata è un concentrato di ipocrisia, isterismo, violenza (è qui che nascono Grattachecca e fichetto), bugie e potere logorante (il Burns di “sciogliete i cani”). Si comincia con il pic-nic nella villa Burns dove melensaggini e cattiverie la fanno da padrone (e la famiglia Simpson dà il meglio di sé in catastrofi), si continua con l’apologia della famiglia “infernale e demone” e il gran finale con la cura elettroshock che riesce a esaurire le speranze di cura dello psicologo Marvin Monroe. Ma ciò che si evince dal finale della puntata è che l’equilibrio della famiglia è da trovarsi proprio in quella instabilità quotidiana di fondo e ciò che potrebbe sembrare assurdo per le altre famiglie è la normalità per i Simpson che riescono perfettamente a nuotare in quella melma di stress, televisione ed esaurimento nervoso (Homer che dice “Quand’è che imparerò: Le soluzioni ai problemi della vita non si trovano in fondo ad una bottiglia ma… in tivù!”). L’umorismo non è ancora quello dei tempi d’oro, ovvero inaspettato, sorprendente, spontaneo e straripante, ma la strada presa è quella giusta.

Compaiono per la prima volta Grattachecca e fichetto, Marvin Monroe, Eddy e ….. La frase di Bart (non pronunciata) è “Non rutterò in classe” ed in poltrona questa volta viene scalzato Homer.

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